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Fase 2: sport sì, ma quale scenario per le palestre?

Fase 2 sport sì ma quale scenario per le palestre - dsmarketing
Il 9 marzo 2020 il Governo italiano ha decretato la chiusura di tutte le attività, ad eccezione di quelle essenziali, per contrastare la diffusione del contagio da Coronavirus. A subire gli effetti di questo “lockdown” imprese e attività commerciali di tutti i settori economici, compresi i centri sportivi e le palestre. Alla vigilia del 4 maggio, fatidico inizio della fase 2, le prospettive per questo tipo di attività non sono ancora del tutto chiare. Che fare, allora, di fronte a questo scenario incerto?

Il business del fitness: quando riapriranno le palestre?

Stando alle interpretazioni, pare che dal 4 maggio, data d’inizio ufficiale della fase 2, il progressivo allentamento delle restrizioni comprenderà anche la ripresa dell’attività sportiva, rigorosamente individuale, all’aperto e nel rispetto del distanziamento sociale. 

A differenza, però, di altre categorie, molto più al centro dell’attenzione mediatica, palestre e affini appaiono come i grandi assenti dalla fase 2, circondate da un imbarazzato silenzio: sale attrezzi e spogliatoi affollati, soprattutto in determinati orari della giornata, corsi di fitness con parecchi partecipanti sono ormai un lontano ricordo del pre Coronavirus.


Alla vigilia della Fase 2, un primo, timido accenno è giunto dal Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, pungolato sull’argomento: “spero di poter riaprire presto le palestre, i circoli di tennis, i vari centri sportivi. Stiamo approntando con il comitato tecnico scientifico le varie linee guida: vorrei essere in grado già col prossimo Dpcm, cioè quello che disciplinerà il periodo dal 18 maggio, di riaprire questi centri.”


Le palestre sono chiuse dal 10 marzo. Attività locali che pure continuano ad avere i loro costi, necessità, incombenze: affitti, manutenzione, attrezzature, mensilità e abbonamenti già pagati dai clienti e non fruiti per motivi indipendenti dalla loro volontà.
Che pure accusano perdite – secondo i dati raccolti e diffusi dalla Confederazione dello Sport – per un miliardo di euro e paventa lo scioglimento di almeno 30 mila associazioni e società sportive dilettantistiche nei prossimi mesi.


Di contro, con le palestre chiuse, spopola l’home fitness


In parte, in versione fai da te (sono aumentate le vendite di cyclette, tapis roulant e abbigliamento sportivo), in parte con l’ausilio di personal trainer online, app, canali youtube, attrezzature di fortuna e spazi accomodati tra la cucina e il salotto di casa.

Sessioni di allenamento in streaming oppure live su Facebook e Instagram: i mezzi sul web non mancano e numerose piattaforme di fitness online, che già operavano prima del Covid 19, si sono fatte avanti con proposte freemium sui loro canali proprietari.


In questa sinfonia di Hiit, GAG, pilates e yoga, stona l’assenza delle palestre cittadine che, forti del loro radicamento sul territorio e di un bacino consolidato di clienti, avrebbero potuto e dovuto ingegnarsi per mantenere almeno il contatto  con la clientela faticosamente costruito negli anni, una minima e familiare continuità, adattarsi alle nuove esigenze, valorizzare lo spirito di gruppo (l’aggregazione è uno dei valori dello sport) e sfruttare i canali online per disegnare nuovi servizi da offrire ai propri utenti o semplicemente rimodulare i vecchi per il nuovo mezzo.

Fatta eccezione per alcuni casi virtuosi – Virgin Active ha un canale Youtube con allenamenti di tutti i tipi, svolti dai suoi istruttori, che comprende anche sessioni di spinning e walking – le realtà locali hanno chiuso i battenti, calato le saracinesche, si sono eclissate. Duole dirlo, ma hanno abbandonato i clienti al loro destino, “liberi” di cercare altrove ciò che la loro palestra non può offrire per via della contingenza.


E se, una volta finito tutto questo, non tornassero più?


Il digitale, ancora di salvezza

È comprensibile: in questo momento c’è altro a cui pensare. E questo di certo basta a soffocare ogni velleità, iniziativa e progettualità. Il momento è difficile per tutti. Le notizie che ci arrivano ogni giorno ci fanno sperare e ci angosciano allo stesso tempo. Parrucchieri, barbieri e centri estetici potranno riaprire solo a giugno, come ristoranti e bar che, però, nel frattempo, si sono riorganizzati con le consegne a domicilio e, dal 4 maggio, con l’asporto.

Eppure, al di là dei mancati introiti, delle conseguenze del lockdown e dell’assenza di prospettive di riapertura chiare, abbandonare del tutto i propri clienti è un errore da non fare.


Spezzare un legame che, fino a pochi giorni prima, era solido, quasi indistruttibile.


Che fare, allora, in attesa di maggiori certezze e in previsione della ripartenza?

Va riannodato, innanzitutto, il filo della connessione con i vostri clienti, iniziando da quei canali di comunicazione che molte palestre hanno, ma utilizzano poco, come i principali Social Network. 

Questo è il momento per ricompattare il fronte dei clienti affezionati.


Il digitale ci aiuta a restare in contatto con gli altri, oggi più che mai.


Ci permette di fare quasi tutto, persino di allenarci, per esempio, su Facetime con un istruttore o in gruppo nelle live su Instagram, pur restando nel chiuso delle nostre case.

Facile prevedere l’obiezione: non tutti gli allenamenti possono essere replicati in casa, ci si può far male se non si sta attenti o ci si improvvisa, la palestra è tutta un’altra cosa. Ma la realtà di questi tempi ci sta mettendo di fronte a delle scelte, in attesa che si possa ritornare alla normalità: rimanere fermi e al palo oppure essere resilienti, rimettersi in gioco e, con grande flessibilità provare a ripensare e rinnovare i propri servizi, adattandoli alle nuove esigenze, ideare modalità di fruizione diverse da quelle tradizionali.


La sfida oggi è rivedere il proprio modello di business, fino a qualche mese fa basato sulla fruizione fisica di servizi in abbonamento, introducendo nuove formule capaci di sfruttano l’immediatezza e la vocazione sociale dei mezzi digitali.

Nello spirito di un’esperienza fluida in cui online e offline hanno confini labili e l’utente passa con facilità dall’uno all’altro, non è escluso che i due canali, dopo l’iniziale preponderanza del primo, possano integrarsi e convivere in futuro: non solo nel medio termine, quando le aperture e la ripresa dell’attività dovranno rispettare le distanze sociali, ma anche nel lungo termine, perché il successo delle piattaforme di fitness online dimostra l’esistenza di una domanda specifica, rappresentata da chi, per svariati motivi, sceglie di allenarsi a casa e non in palestra.


Tutto va ripensato: gli spazi, la sanificazione, la disposizione degli attrezzi, le sale fitness, gli spogliatoi; dovrà cambiare la gestione dei flussi dei clienti e le modalità di accesso, ipotizzando al più presto un sistema di prenotazioni online così come una ristrutturazione sostanziale della presenza online secondo un’ottica moderna e omnicanale.


I canali online, fino a pochi mesi fa snobbati dai gestori di palestre – siti web inesistenti, vecchi, non aggiornati, social assenti o quasi, nonostante un proliferare di profili, pagine, gruppi – rafforzare il legame con la clientela “aggirando” i limiti imposti dal Coronavirus, ricordando al cliente che si è presenti e che si sta facendo qualcosa per loro, di creare un canale diretto anche a distanza, ampliare il business integrando nuove modalità di fruizione da mantenere anche in futuro, con la possibilità anche di acquisire nuovi contatti per la palestra.


Anche se nessuno ha ancora dato indicazioni o certezze, il momento di ripartire è già adesso.

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